“‘Che cos’è la verità?’ chiese Ponzio Pilato quando la Verità stava in piedi di fronte a lui. Il governatore romano si dice fosse un uomo molto intelligente, pragmatico, esperto di diritto e delle usanze giudaiche. Di fronte a quello strano prigioniero arrivato durante la festa di Pesach, esprime il suo dubbio più profondo: possibile che un uomo possa sacrificare la sua vita in quel modo?
L’età moderna è stata caratterizzata dal razionalismo: cogito ergo sum, penso dunque sono. La ragione permette di ordinare il mondo secondo il pensiero: posso ritenere vero solamente ciò che la mia ragione comprende. Tale ipertrofia ha reso la filosofia superba e infeconda e la teologia più materialista e liberale.
Il post-moderno ha invece introdotto il soggettivismo irrazionalista. Siamo immersi nell’epoca del sentimento, dell’esperienza soggettiva, della formula sbrigativa che esorta l’uomo a guardare dentro di sé per trovare la verità. Nel post-moderno non esiste verità oggettiva: tutte le religioni sono buone, purché vi sia coerenza e tolleranza; tutte le vie portano a un indefinito dio, purché vi sia sincerità e amore (o i suoi derivati). In altre parole razionalismo e irrazionalismo, pur se da posizioni antitetiche, hanno in comune la distruzione della fede oggettiva e della Verità: se la modernità affermava “Non c’è verità”, il post-moderno grida al mondo “Tutto è verità”.
Perdendo di vista la matrice classica del pensiero occidentale abbiamo alterato la comprensione della realtà; svuotando il Cristianesimo dalla sua pretesa escatologica non riconosciamo, come Pilato, la provocazione fondamentalista di Cristo:
…io sono nato per questo, e per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce Gv 18
Il processo civile e religioso non cerca la verità ma la colpa, ciò che può ristabilire l’ordine precostituito. Pilato non difetta di intelligenza ma di visione. Un uomo di successo, ricco, a capo di una forza di occupazione militare vedeva di fronte a sé un uomo flagellato che rivendicava un trono, un regno extramondano. Tutto andava oltre la logica di Pilato. Perché Gesù sanguinante in realtà si manifesta oltre il suo sguardo.
“Epistéme” è una parola che tradotta in latino come scientia e in italiano con scienza. In realtà Epi-stéme è composta dal verbo “istemi” che vuol dire sto e da “epi” che vuol dire sopra. “Epistéme” vuol dire allora ciò che sta sopra, ciò che si impone da sé, e che quindi non ha bisogno di appoggiarsi all’autorità di chi parla, come accade nel linguaggio mitico-religioso, né alla forza persuasiva del discorso retorico, sofistico, che riscuote consensi. Perché Pilato non vede il Re? Il governatore rimane nell’apparenza e l’apparenza inganna perché si basa sull’opinione (doxa) che ci siamo precedentemente formati. Di fronte al mistero non basta l’intelligenza, occorre passare alla sapienza.
La Pasqua, il passaggio, avviene a partire da uno sguardo che accetta di non vedere, da una ragione che non può capire, da un cuore che non può amare. Pilato, con un semplice sforzo, doveva superare la soglia di ciò che appare, per andare oltre, dove solo la fede può portare.