Può sembrare davvero strano e forse irriverente: il letame e la letizia sono fratelli. Entrambi hanno lo stesso padre, il verbo latino laetare (allietare, rendere allegro). Nella letizia si è allegri, felici, privi di preoccupazioni. Il letame invece rallegra il contadino perché contribuisce a rendere il terreno fertile, fecondo. In un certo senso la letizia deriva dal letame.
Molte persone in questi giorni sono lacerate e preoccupate per la situazione politica che stiamo attraversando: le scelte intraprese manifestano un’evidente e antica crisi antropologica e sociale. Le scelte governative stanno rimettendo in discussione, in tutto il mondo, alcuni principi apparentemente sacri e, a volte, superano e sospendono le leggi costituzionali senza un necessario e previsto iter istituzionale. Lo stato di emergenza sta modificando il nostro modo di vivere nella società civile. I singoli sono così investiti da un carico di rifiuti sistemici, sono investiti da una quantità tossica di messaggi aggressivi e irrazionali, sono investiti dai miasmi di una politica che si limita a controllare ed imporre. Stiamo affogando in una latrina di volgarità e violenza, osservando il tentativo disperato di rimanere a galla dei nostri familiari e osservando la deresponsabilizzazione dei nostri capi civili e religiosi mentre nuotano distanti nel putridume. Si nuota a vista in acque puzzolenti, in apnea e senza direzione. Il letame comunicativo, emozionale, spirituale ha invaso il nostro giardino. L’invasione delle notizie martellanti e delle pratiche a cui siamo ineluttabilmente sottoposti iniziano sommergere il nostro stile di vita, la nostra progettualità. Essere vivi, in salute, sani, sembra oggi una colpa.
A ben guardare potrebbe sembrare una situazione disperata, sommersi da una montagna oscura di rifiuti. Eppure il letame sta aiutando molte persone ad acquisite consapevolezza, sta operando quella fecondità che precedentemente è mancata. Negli ultimi mesi molte persone si sono interrogate sul senso della vita, hanno riflettuto sul significato della malattia, della vecchiaia e della morte, hanno preso le distanza da un certo modo di vivere estremamente materialista e individualista, hanno imparato a gestire le emozioni o hanno imparato a vivere la paura senza cadere nel panico. Molte persone hanno abbandonato stili di vita pericolosi, hanno tagliato con vizi opprimenti, hanno cercato di curare le relazioni con le persone più fragili o sono state aiutate. Anche dal punto di vista spirituale sono tornate a pregare, a mettersi in ascolto. Altre hanno scoperto la debolezza della natura umana, la precarietà dei legami. Tantissimi hanno compreso di aver delegato colpevolmente ad altri i propri diritti e i propri doveri, hanno capito l’importanza della buona politica e delle buone leggi. Certamente tanti si stanno perdendo, nella paura e nell’angoscia. Molte persone stanno utilizzando il letame prodotto in questi mesi per curare il giardino affidato. Forse non ci saranno frutti visibili da godere nell’immediato ma è indispensabile comprendere che non esiste una netta contraddizione tra avversità e gioia ma esiste, a volte, una relazione:
A volte da una nobilissima azione deriva una gioia grande anche se breve; per quanto il frutto dell’impresa non tocchi a chi muore e sia strappato alla vita, tuttavia, fa piacere pensare all’azione che si compirà, e l’uomo forte e giusto, se considera il prezzo del suo sacrificio, cioè la libertà della patria e la salvezza di tutti quegli uomini per i quali si immola, prova una straordinaria gioia e gode del pericolo che affronta.
Seneca, Lettere ad Lucinio
Per arrivare alla letizia ci vuole ancora tempo, il tempo necessario. Il nostro sguardo sulle situazioni dolorose, sbagliate, pericolose è spesso annebbiato dal nostro modo di percepire e alterare la realtà. Se il letame semplicemente sporca, non possiamo utilizzarlo per fertilizzare, per raccogliere frutti dolci e maturi. Per questo tra le esperienze spirituali più sconvolgenti di San Francesco bisogna contemplare la perfetta letizia o, come suggeriscono alcuni studiosi, la vera letizia.
Spesso si confonde il piacere con la felicità: comprendere la natura della letizia è ancora più difficile, comprendere la natura della vera e perfetta letizia è straordinario. Le fonti raccontano che un giorno Francesco chiamò frate Leone e ordinò di scrivere a proposito della vera letizia:
Venendo una volta santo Francesco da Perugia a Santa Maria degli Agnoli con frate Lione a tempo di verno, e ’l freddo grandissimo fortemente il crucciava, chiamò frate Lione il quale andava innanzi, e disse così: «Frate Lione, avvegnadioché li frati minori in ogni terra dieno grande esempio di santità e di buona edificazione; nientedimeno scrivi e nota diligentemente che non è quivi perfetta letizia». E andando più oltre santo Francesco, il chiamò la seconda volta: «O frate Lione, benché il frate minore allumini li ciechi e distenda gli attratti, iscacci le dimonia, renda l’udire alli sordi e l’andare alli zoppi, il parlare alli mutoli e, ch’è maggiore cosa, risusciti li morti di quattro dì; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». E andando un poco, santo Francesco grida forte: «O frate Lione, se ’l frate minore sapesse tutte le lingue e tutte le scienze e tutte le scritture, sì che sapesse profetare e rivelare, non solamente le cose future, ma eziandio li segreti delle coscienze e delli uomini; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». Andando un poco più oltre, santo Francesco chiamava ancora forte: «O frate Lione, pecorella di Dio, benché il frate minore parli con lingua d’agnolo e sappia i corsi delle istelle e le virtù delle erbe, e fussongli rivelati tutti li tesori della terra, e conoscesse le virtù degli uccelli e de’ pesci e di tutti gli animali e delle pietre e delle acque; iscrivi che non è in ciò perfetta letizia». E andando ancora un pezzo, santo Francesco chiamò forte: «O frate Lione, benché ’l frate minore sapesse sì bene predicare, che convertisse tutti gl’infedeli alla fede di Cristo; iscrivi che non è ivi perfetta letizia».
Qual è allora la vera letizia? Possibile che non si è soddisfatti di fronte al successo umano, ecclesiale, spirituale? Possibile che non basti neanche una grazia sovrabbondante per essere in letizia? Frate Leone, con la schiettezza del discepolo, ad un certo punto prega Francesco di spiegargli cosa sia allora la perfetta letizia:
Quando noi saremo a Santa Maria degli Agnoli, così bagnati per la piova e agghiacciati per lo freddo e infangati di loto e afflitti di fame, e picchieremo la porta dello luogo, e ’l portinaio verrà adirato e dirà: Chi siete voi? e noi diremo: Noi siamo due de’ vostri frati; e colui dirà: Voi non dite vero, anzi siete due ribaldi ch’andate ingannando il mondo e rubando le limosine de’ poveri; andate via; e non ci aprirà, e faracci stare di fuori alla neve e all’acqua, col freddo e colla fame infino alla notte; allora se noi tanta ingiuria e tanta crudeltà e tanti commiati sosterremo pazientemente sanza turbarcene e sanza mormorare di lui, e penseremo umilemente che quello portinaio veramente ci conosca, che Iddio il fa parlare contra a noi; o frate Lione, iscrivi che qui è perfetta letizia. E se anzi perseverassimo picchiando, ed egli uscirà fuori turbato, e come gaglioffi importuni ci caccerà con villanie e con gotate dicendo: Partitevi quinci, ladroncelli vilissimi, andate allo spedale, ché qui non mangerete voi, né albergherete; se noi questo sosterremo pazientemente e con allegrezza e con buono amore; o frate Lione, iscrivi che quivi è perfetta letizia.
E se noi pur costretti dalla fame e dal freddo e dalla notte più picchieremo e chiameremo e pregheremo per l’amore di Dio con grande pianto che ci apra e mettaci pure dentro, e quelli più scandolezzato dirà: Costoro sono gaglioffi importuni, io li pagherò bene come son degni; e uscirà fuori con uno bastone nocchieruto, e piglieracci per lo cappuccio e gitteracci in terra e involgeracci nella neve e batteracci a nodo a nodo con quello bastone: se noi tutte queste cose sosterremo pazientemente e con allegrezza, pensando le pene di Cristo benedetto, le quali dobbiamo sostenere per suo amore; o frate Lione, iscrivi che qui e in questo è perfetta letizia.
In una situazione completamente rovesciata, piena di ingiurie, umiliazioni, sofferenze, percosse, in una prova terribile e lacerante si svela la perfetta letizia, l’allegrezza che riempie gli amici di Dio. Chi sa riconoscere la sua presenza nella croce, chi sostiene per suo amore pene, ingiurie e obbrobri e disagi ha scoperto che la letizia è generata in modi inaspettati. Teniamo duro nei momenti difficili che dobbiamo affrontare e non perdiamo la speranza di vedere presto il nostro giardino fiorito. Allora sarà già vera e perfetta letizia.