Ogni giorno ci troviamo di fronte a delle situazioni che dobbiamo affrontare, piccole o grandi. Oggi più che mai il mondo in cui viviamo è spaccato in conflitti ed emergenze che mettono a dura prova la nostra capacità di fare la scelta giusta. A differenza degli altri esseri viventi, l’uomo non agisce solamente attraverso l’istinto di conservazione. L’uomo può scegliere anche attraverso la ragione. Questo chiaramente implica delle conseguenze ineluttabili: possiamo imparare dalle nostre decisioni, possiamo fare del bene o del male, possiamo aumentare o perdere delle ricchezze, possiamo cadere nel rimorso per le scelte sbagliate o vivere nell’angoscia della scelta che dovremo fare.
La parola decidere deriva dal latino de–caedere che significa letteralmente tagliare via. Chi decide assomiglia ad un giardiniere che ha il compito di potare il suo giardino. In base alla sua capacità di tagliare, potrà rendere il suo giardino bello, ordinato, fecondo oppure sgraziarlo, impoverirlo, devastarlo. In quest’ottica una persona anziana dovrebbe aver maturato una maestria nelle decisioni che un giovane non possiede, dovrebbe aver imparato l’arte della potatura rispetto ai bisogni, alle conoscenze, ai doveri, ai valori.
Nella compagnia dell’anello che parte nella missione disperata di distruggere l’unico anello, simbolo assoluto del potere del male, oltre agli hobbit, agli uomini, al nano e all’elfo troviamo Gandalf lo stregone. Tolkien ha voluto fornire la sua compagnia di un messaggero, un angelo, con compiti particolarmente interessanti
[…] educare, consigliare, istruire, conferire al cuore e all’animo di tutti quelli che erano minacciati da Sauron la capacità di resistere con le proprie forze; e non fare tutto il lavoro al posto loro.
Tolkien, Lettera 156
Gandalf non è superman ma cammina con i suoi compagni per aiutarli a rispondere alla loro vocazione, nel pericolo, nella precarietà, nella paura e nell’errore. Anche il potente Gandalf può cadere, perdersi come il suo maestro Saruman. Nessuno è confermato in grazia. Il bene e il male si affrontano in un prodigioso duello. Certo vi è una scelta di fondo da fare: ed è chi servire. Ma nessuno è immune dal cadere nel proprio egoismo, a volte generato dalla paura della morte che il male ci mette sempre davanti. I buoni sono buoni perché sono impegnati nella lotta contro il male che inizia nel profondo del nostro animo.
Anche gli stregoni sono soggetti alla caduta, esposti a delle tentazioni uniche e spesso incomunicabili:
Per loro il peccato principale era quello dell’impazienza, che poteva provocare il desiderio di forzare gli altri verso il loro destino finale positivo, e in questo modo inevitabilmente avrebbero imposto la loro volontà. Fu questo il peccato di fronte al quale Saruman soccombette. Gandalf no. Ma la situazione peggiorò così sensibilmente con la caduta di Saruman, che i «buoni» furono costretti a compiere grandi sforzi e grandi sacrifici.
Tolkien, Lettera 181
Dopo aver lasciato Gran Burrone e intrapreso il difficile viaggio, Gandalf sul ponte di Khazad Dum deve prendere una decisione sofferta. Gandalf è in una situazione terribile: sconfiggere il Balrog, l’antico nemico nascosto nelle viscere della montagna, uccidendo se stesso come nella tradizione mitologica, o sopravvivere per portare a termine la missione? Gandalf infatti era consapevole che senza il suo aiuto, la Compagnia dell’anello si sarebbe disfatta e il male facilmente avrebbe avvolto la Terra di Mezzo. Gandalf, prima di pronunciare la simbolica frase al Balrog Tu non puoi passare, deve prendere una decisione: deve tagliare con il suo progetto ideale di scortare Frodo fino alla fine della missione e entrare nell’ignoto, Gandalf entra nella morte. Questo è un preciso riferimento al mistero pasquale: non muore per brama di combattimento, muore per consentire agli altri di vivere, muore per consentire ai piccoli della Terra di Mezzo un futuro di pace e di libertà.
Per questo motivo Gandalf ritorna come Gandalf il bianco, perché ha rimesso la sua vita nelle mani di coloro che l’hanno inviato come messaggero nella lotta contro il male, ha accettato di affrontare il male con la speranza che comunque qualcosa sarebbe accaduto in loro favore. Gandalf è trasfigurato dopo la lotta con il Balrog, diventa Gandalf il bianco. Quando Aragorn, Gimli e Legolas incontrano nuovamente Gandalf, non riconoscono il vecchio amico come gli apostoli non riconoscono immediatamente Cristo risorto. Come precisa Tolkien
Questo, direi, era quello che l’Autorità desiderava, per sconfiggere Saruman. Gli «stregoni», in quanto tali, avevano fallito; oppure se preferisci: la crisi era diventata troppo grave e richiedeva un rafforzamento del potere. Così Gandalf si sacrifica, il suo sacrificio viene accettato, e fa ritorno più forte. «Sì, quello era il mio nome. Io ero Gandalf». Naturalmente resta simile per quanto riguarda la personalità e le idiosincrasie, ma sia la sua saggezza che il suo potere sono molto maggiori. Quando parla conquista l’attenzione; il vecchio Gandalf non avrebbe potuto trattare così con Theoden né con Saruman.
Tolkien, Lettera 156
La decisione di Gandalf di fronteggiare il male, di prendere una posizione netta contro il male non è solamente frutto del suo coraggio o della sua superiorità magica. Altri maghi avrebbero desistito. Quello che porta Gandalf ad agire in favore dei suoi amici, dei popoli della Terra di Mezzo è la convinzione che negli uomini agisca uno spirito misterioso che a volte trasforma la debolezza in forza, la paura in coraggio, l’egoismo in amore.
Gandalf pota il suo giardino con le forbici della speranza, decide di tagliare ciò che poteva impedire davvero la realizzazione della volontà divina: non è solamente il male ad impedire al bene di trionfare ma la nostra indomita resistenza a prendere sante decisioni, a vivere nella fede, nella speranza e nella carità.